Marco Lomuscio ha 30 anni, è un ricercatore e consulente freelance. Laureato in filosofia e sociologia, con alle spalle un dottorato di ricerca in economia a Trento e a Firenze, coltiva da sempre la passione per la bicicletta.
Una passione che lo impegna anche professionalmente – attraverso la consulenza ad alcuni progetti industriali legati al mondo bike e della ciclo-logistica – e che lo ha spinto ad iscriversi ad uno nei nostri corsi Bike Factory .
Gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua esperienza.
Come sei venuto a sapere dei corsi offerti di Bike Factory? Come è stata la tua esperienza in aula?
Ho seguito i lavori di Bike Factory sin dal primo evento a Palazzo Giureconsulti a Milano alla fine del 2022, “Come corre la Bike Economy”, dove Camera di Commercio ha convocato e messo in dialogo aziende ed esperti del mondo bici del territorio. All’epoca era solo una curiosità per il settore, mi occupavo di altro.
Attraverso la newsletter, ho poi ricevuto le informazioni sui corsi e, con l’idea di sperimentare qualcosa di diverso dalla ricerca e inseguire una mia passione, ho subito scelto di candidarmi al corso di meccanico riparatore e telaista.
È stata un’esperienza densa, accompagnata da un gruppo di partecipanti fenomenale e da formatori esperti, capitanata da Matteo Zazzera. Per me, è stata l’occasione per rimettermi totalmente in gioco e partire da zero, dato che la mia conoscenza tecnica era limitata ai piccoli interventi domestici sulle mie bici.
Trovarsi tutti i giorni al Vigorelli è stata una bellissima routine per i due mesi di attività formativa. Questi due corsi hanno rappresentato per me la possibilità di accrescere la conoscenza tecnica del mezzo “bicicletta” e di confrontarmi con gli altri partecipanti.
Hai qualche consiglio da dare ai giovani appassionati di bike che vorrebbero trasformare il loro hobby in una professione?
A chi si avvicina a questo mondo, come sto facendo anche io, suggerisco di adottare un approccio cooperativo e di massima apertura. C’è tanto da imparare e da conoscere, molto di più da ibridare ed innovare.
Invece che pensare alla nicchia o al nuovo prodotto, penso ci siano ampi margini di riflessione e lavoro nel coordinare e mettere in contatto realtà, produzioni, esperienze e idee già presenti; e per questo servono competenze trasversali, spirito critico e intraprendenza.
Uno degli elementi che apprezzo di più di questo settore è l’incontrare persone con i background più disparati. Trovo che la varietà di esperienze delle persone che si avvicinano e vivono il mondo della bicicletta sia una particolarità del settore, che va coltivata nel tempo.
Nei corsi di Camera di Commercio ho incontrato studenti e studentesse, meccanici, social media manager, persone attive nell’associazionismo e nelle ciclo-officine popolari. Non c’è un solo modo di avvicinarsi alla bicicletta, né uno giusto. C’è spazio per tutte e tutti, e proprio per questo ogni conoscenza e competenza è ben spesa se va nella direzione migliorare il settore, innovare e generare sostenibilità.
Secondo te, quali sono le competenze nel settore bike che possono fare la differenza da oggi ai prossimi anni?
Nei prossimi anni, mi aspetto un maggior coinvolgimento di figure professionali nel settore della bici.
È un settore tradizionale, storicamente dominato da la presenza di micro e piccole imprese, un tempo aziende familiari e legate a personaggi di spicco del ciclismo. Tra pensionamenti, crisi di mercato e acquisizioni, questa situazione sta cambiando a passo accelerato, e bisogna ora pensare al ricambio generazionale e al futuro del settore. C’è quindi bisogno di meccanici e assemblatori, psicologi, scienziati motori, ingegneri, economisti e meccatronici.
Ma la vera differenza la farà la capacità di partecipazione di queste persone alla vita delle imprese. Per dare seguito alla passione per la bicicletta, per innovare, efficientare e migliorare la produttività, serve che ogni persona che si affacci a questo settore sia messa nella possibilità di prendere decisioni, sperimentare e mettere a frutto le competenze sviluppate. Il settore della bicicletta può diventare pioniere nella sperimentazione di pratiche cooperative, di co-progettazione e co-produzione.
Ciò può favorire la sostenibilità sociale del settore, che ben si coniuga con la sostenibilità ambientale di cui la bicicletta è l’emblema.
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