Abbiamo chiuso la prima edizione dell’Età Ibrida con un Alfabeto, una sorta di summa di tutto quel che abbiamo imparato insieme (e grazie) ai nostri ospiti: Nicolò Andreula e Giulio Xhaët, Vera Gheno, Assunta Corbo e Luciano Floridi ci hanno accompagnato lungo un processo di scoperta continua, di esplorazione dei confini dell’Età Ibrida, che ci ha portato a ridisegnare le geografie, a ridefinire le basi stesse del nostro linguaggio.
L’Alfabeto è stato scritto da studentesse e studenti del College di Story Design della Scuola Holden, sotto la guida di Paolo Iabichino. Per noi è stato come un punto di partenza, l’inizio di una conversazione, il manifesto di un’età di mezzo in equilibrio tra due ordini di pensiero: uno antico, antichissimo, che fa dell’analogico un valore, e uno inedito che forse ancora non abbiamo capito del tutto, il digitale.
In questi due modi di vedere il mondo sentiamo un’opposizione, una simmetria che a volte ci sembra irrisolvibile. E se soltanto un anno fa ci sentivamo alla vigilia di una nuova era, oggi abbiamo capito che ormai quell’era è arrivata. E che per affrontarla al meglio non ci resta che fare i conti con una parte di noi che forse nel digitale temiamo di perdere.
Possiamo dire che si sia aperta una nuova pagina di storia.
L’Università Cattolica del Sacro Cuore questa pagina l’ha chiamata Secondo Tempo, un modo per festeggiare i cent’anni dalla sua fondazione inaugurando un nuovo sistema di pensiero. Uno sguardo che non vuole celebrare il passato ma piuttosto onorare tutte quelle sfide che ancora ci restano nel futuro. Come? Fondando una vera e propria piattaforma di comunicazione: un luogo in cui raccogliere riflessioni, notizie, podcast e reportage utili a comprendere l’Età Ibrida.
Per questo abbiamo chiesto al Rettore Franco Anelli di accompagnarci nella prima puntata di questa nuova edizione. Durante la chiacchierata con Marisandra Lizzi, founder di Mirandola Comunicazione e iPressLIVE, abbiamo capito molte cose. Innanzitutto che l’educazione deve riprendere il suo posto al centro della società civile, come anello di congiunzione tra le persone e il progresso della collettività intera. E poi che una certa stagione dell’industria e delle relazioni economiche è ormai da ripensare, e in un certo senso forse anche da riscoprire.
Ne abbiamo parlato insieme a due imprenditori che con le loro aziende sono riusciti a incarnare lo spirito del Secondo Tempo.
Tiziana Tronci, Responsabile dello sviluppo di nuovi prodotti a Gefond, ha vinto il premio Top of the PID Restart nella categoria “Manifattura Intelligente e Avanzata” grazie a un software di manutenzione predittiva sviluppato proprio durante il primo lockdown.
Gefond vende impianti tecnologici destinati alle fonderie di pressofusione, lavorando soprattutto nel settore automotive. Quando le fabbriche sono rimaste chiuse, invece di interrompere la produzione, l’azienda ha deciso di sviluppare un algoritmo in grado di identificare in anticipo i guasti degli impianti, una componente essenziale per diminuire i fermi macchina e quindi risparmiare tempo prezioso.
Per questo il software è stato chiamato Perpetuo, un nome che in questi tempi complicati suona quasi come un augurio. Con questo nuovo strumento, infatti, Gefond è riuscita a cambiare il proprio business model aggiungendo alla parte di prodotto una visione orientata ai servizi. Dice Tronci:
È proprio nei momenti di crisi che occorre tirare fuori le proprie risorse e avere coraggio. Serve energia, tempo e una buona dose di sacrifici, perché senza fatica i risultati sono impossibili.
E di sacrifici ci ha parlato anche Luca Secchi, che con la sua startup dGlen ha vinto una menzione speciale Top of the PID Restart nella categoria “Nuovi modelli di business 4.0”.
L’azienda è nata nel 2016 con l’obiettivo di affiancare piccole realtà nello sviluppo di progetti digitali. Durante il primo lockdown, con la maggior parte dei propri clienti ferma, la startup si è trasformata da società di servizi a società di prodotti. È così che è nato Garzone, una piattaforma di solidarietà digitale nata per aiutare tutti quei negozi di quartiere che non avevano ancora una presenza online forte e definita. Con il tempo il progetto si è trasformato, diventando un punto di riferimento per la digitalizzazione del mondo del retail grazie a un nuovo linguaggio in grado di comunicare prodotti e scambiarsi valori.
Al centro, la socialità.
Dice Secchi:
Forse è il momento di fare autocritica. Avevamo smesso di osare e di trovare stimoli nuovi per le nuove sfide del contemporaneo. La pandemia ci ha dato un bello schiaffone, ma oggi dobbiamo avere il coraggio di andare avanti, di costruirci il mondo in cui vogliamo vivere.
Se volete capirlo insieme a noi, questo nuovo mondo, potete seguirci sulla piattaforma transmediale dell’Età Ibrida su cui troverete riflessioni, un podcast e le puntate integrali degli incontri: per esempio, il primo incontro potete ripescarlo qui, mentre l’intervista al Rettore Anelli qui.
Il prossimo appuntamento è per il 15 luglio alle 18.00 insieme a Domenico Romano, che ci parlerà di open retail.
Se volete seguirci in diretta potete iscrivervi a questo link oppure venire a trovarci a Palazzo Giureconsulti, per il primo appuntamento in presenza dopo tantissimo tempo (che emozione!).
Grazie per accompagnarci in questo viaggio nell’Età Ibrida.
Alla prossima puntata!