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Impresa sostenibile

Le parole chiave per il turismo del futuro: sostenibilità, responsabilità e inclusione

Sostenibilità, responsabilità e inclusione sono le parole chiave che guideranno l’evoluzione del turismo nei prossimi anni.

Ne parliamo con Giovanna Ceccherini, Brand&Sales manager di Sonders&Beach, gruppo turistico integrato in Italia, che opera sull’intera filiera turistica secondo criteri di sostenibilità ed inclusione sociale, con l’obiettivo di creare esperienze di viaggio uniche, caratterizzate da libertà e benessere per ogni viaggiatore.

Cosa vuol dire essere un tour operator inclusivo?

Essere un tour operator inclusivo significa impegnarsi ad abbattere tutte le barriere, fisiche e mentali, che possono impedire la fruizione equa e paritaria di servizi di ospitalità e di esperienze locali. Siamo consapevoli che tale fruizione possa essere talvolta limitata per ragioni di varia natura (cultura locale, accessibilità, ecc..), ma il nostro intento è quello di ridurre al minimo la frustrazione di non poter accedere a servizi in maniera equa.

Cosa significa in concreto “inclusione” con riferimento al mondo del turismo?

Inclusione significa adoperarsi concretamente per ‘non lasciare nessuno indietro’, proprio come ci consigliano gli SDG ONU dell’Agenda 2030. Significa garantire accessibilità a persone con disabilità uditiva o visiva (con letture Braille di istruzioni in hotel o in luoghi pubblici di interesse turistico; godere di sistemi di audio lettura), permettere l’accesso a persone con disabilità motoria (scivoli per carrozzine, scalini bassi, mezzi di trasporto ergonomici e green nei parchi, per esempio). In particolare, per la comunità LGBTQ+ – la cui inclusione è il nostro focus principale – significa garantire sicurezza presso la destinazione, presso la struttura ricettiva, il cui staff deve essere formato all’accoglienza inclusiva, professionale. Evitare atteggiamenti ridicolizzanti, accogliere la richiesta di un letto matrimoniale per una coppia omosessuale e fornire indicazione all’ospite, su dove si trovino locali o luoghi d’interesse per la comunità, sono tutte espressioni di cura ed attenzione per il prossimo, indipendentemente dalla sua identità.

Come attrarre il mercato LGBTQ ed essere host friendly?

Il mercato LGBTQ+ è alto spendente, attento al benessere personale, con forte fidelizzazione. Tuttavia, è un mercato che va creato partendo dalla capacità delle destinazioni di essere, concretamente, capace di accogliere la comunità, di garantire sicurezza ed avere organizzazioni/attività che effettivamente siano formate sulla comunicazione inclusiva. La comunità LGBTQ+ viaggia verso destinazioni dove si sente legittimata ad esistere, senza il timore di subire pregiudizi o molestie o addirittura il carcere previsto ancora in diversi paesi del mondo per le persone gay. Essere host-friendly dipende quindi molto dalla destinazione in cui si opera. In Italia possiamo esserlo, in pieno, porgendo grande attenzione al linguaggio, alla qualità della comunicazione, ai servizi che possiamo erogare con occhio attento alla comunità.

Nel 2021, in collaborazione con l’Associazione Italiana Turismo Gay e Lesbian (AITGL), avete lanciato il Protocollo Diversity & Inclusion, potete raccontarci in cosa consiste?

Il Protocollo Queervadis per il mercato LGBTQ+ è uno strumento messo a disposizione di qualsiasi entità turistica (destinazione, hotel, tour operator…) per intraprendere un percorso di accreditamento e certificazione avente lo scopo di attestare il proprio impegno sui temi DEI e dimostrando che questi sono parte integrante non solo dell’attività di marketing e vendita, bensì sono colonne portanti anche della governance aziendale. Al contrario di quanto vediamo avvenire con l’erogazione di etichette e widget, che attestano la gay-friendlyness semplicemente dopo aver seguito una breve formazione, con il protocollo Queervadis il percorso è più articolato, esattamente come avviene per una certificazione di qualità prevede la valutazione di evidenze sul lavoro di inclusione che l’azienda svolge ad opera di un Ente certificatore di terza parte.

Quali sono i vantaggi e, se ci sono, gli svantaggi di adottare criteri di sostenibilità ed inclusione sociale in ambito turistico?

In ambito turistico, non vediamo svantaggi nell’inclusione. Quando si parla di accoglienza e di ospitalità non vediamo ostacoli di nessun tipo. Anzi, la formazione a cui ci si sottopone quando si intraprendono percorsi di certificazione per la sostenibilità sociale, innesca al contempo un processo culturale di progresso e di interazione con il prossimo, oltre che di miglioramento continuo.

Qual è, a suo avviso, il problema più rilevante che si riscontra e, al contrario, la principale opportunità per gli operatori?

Nell’ambito del mercato turistico LGBTQ+ il problema più importante è, ancora oggi, la presenza di pregiudizi e stigma verso la comunità, ragioni per le quali le persone gay possono sentirsi poco sicure a raggiungere alcune destinazioni; manca ancora, in particolare per il ricettivo ed il ristorativo italiani, la giusta formazione sui temi dell’inclusione, dell’equità e della creazione di azioni di marketing davvero atte ad attrarre la comunità lgbtq+. Volendo essere venali, queste mancanze rappresentano anche importanti perdite economiche. Il danno è quindi doppio: economico, appunto e culturale/sociale, quando manchi la consapevolezza dell’importanza vitale dell’inclusione.

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