di Silvia Pietrarolo
Una delle varie applicazioni immediate e più significative che ha originato la nascita del metaverso è stato il mondo del gaming.
Il buon vecchio videogame ne ha fatta di strada!
Per “gaming” si intendono i videogiochi, non quelli semplici di una volta, ma quelli che si sono evoluti negli ultimi dieci anni: sono interattivi, 4.0 e si possono vivere anche tridimensionalmente. Non bisogna quindi intendere solo il gioco in sé ma l’interattività che questo permette di realizzare.
Il progredire della tecnologia ha reso i giochi sempre più realistici in particolar modo grazie alla realtà virtuale e aumentata. Immergersi all’interno del gioco consente di provare quasi le stesse emozioni di un’esperienza di persona. In effetti, il modo di divertirsi e il tempo libero dei preadolescenti e adolescenti è completamente cambiato. Il web ha pressoché sostituito il cortile e l’oratorio, con le piattaforme di streaming e il settore del gaming, sempre più avveniristico e stupefacente. Ma il fenomeno non riguarda solo i ragazzi, alcuni dati dell’associazione italiana del gaming (Iidea), parlano chiaro: in Italia tra i 6 e i 64 anni, sono ben 16 milioni gli italiani che giocano ai videogame.
Intervista a Thalita Malagò
Direttore generale Iidea (Italian Interactive Digital Entertainment Association) Associazione del gaming in Italia.
Da dove nascono il successo del gaming e il suo ampio mercato?
“Il mondo dei videogame ha origini in parte in Asia, in parte in Nord America (Stati Uniti e Canada) e poi Inghilterra. L’Italia è tradizionalmente un mercato importante, infatti siamo tra i primi 10 nel mondo e tra i primi 5 in Europa per quanto riguarda i consumi. Da noi si gioca tanto, si comprano molti videogiochi, tante console e tanti dispositivi, è un mercato di consumo davvero rilevante.
Dagli ultimi dati che abbiamo (del 2020-2021), dal punto di vista delle vendite nel 2021 il giro d’affari in Italia è stato di oltre 2 miliardi e 200 milioni di euro, in crescita di quasi il 3% rispetto al 2020. Sono quasi 16 milioni di persone che giocano tra i 6 e i 64 anni, significa il 35% della popolazione del nostro paese, quindi non si può più parlare di un fenomeno di nicchia, ma di massa.
La crescita degli ultimi anni è dovuta ad una serie di motivi: prima di tutto perché i videogiochi sono uno strumento di intrattenimento che nel corso del tempo è diventato sempre più accessibile a tutti, ad un pubblico variegato per genere, per età e per tipologia di profilo sociodemografico; in secondo luogo grazie al fatto che vi si può accedere da più dispositivi: pc, console e mobile.
E’ poi quasi superfluo dire che con la pandemia il mercato dei videogiochi ha conosciuto un’ulteriore fase di espansione dovuta semplicemente al fatto che le restrizioni hanno determinato anche un maggiore interesse verso questa forma di intrattenimento che ha consentito in parte di svagarsi da casa e in parte di ridurre i limiti alla socializzazione derivanti dalla chiusura di ogni attività. Tuttavia, stando all’ultima rilevazione, pur essendoci stato un allentamento delle misure restrittive, i consumi di videogiochi non sono diminuiti, a testimonianza del fatto che sono diventati uno dei passatempi preferiti da milioni di italiani”.
Qual è lo stato di fatto dell’industria e delle PMI italiane nel gaming?
“Se in Italia il mercato dei videogiochi registra da diversi anni numeri importanti, dal punto di vista della produzione, l’industria dei videogiochi ha fatto più fatica a svilupparsi nel nostro Paese, però negli ultimi 10-15 anni le cose sono un po’ cambiate. All’inizio degli anni 2000 con l’esplosione del mobile e dell’on line gaming si sono abbassate anche le barriere di ingresso per entrare in questo mercato. Prima si doveva sviluppare un videogioco che era pensato principalmente per una distribuzione fisica, con tutte le complessità e i costi che sono connessi a questo tipo di mercato, invece, con l’esplosione del mobile e dell’on line gaming, tanti sviluppatori – anche piccoli – hanno potuto cimentarsi nella produzione di videogiochi destinati ad una distribuzione digitale Worldwide e ciò ha permesso a tanti di sperimentare.
Quindi a partire circa dal 2010 in Italia si è assistito alla nascita e al consolidamento di startup in questo settore. Dall’ultimo censimento delle imprese italiane che noi realizziamo ogni due anni, emerge che l’ecosistema produttivo locale si è evoluto molto.
E’ cresciuto il numero delle imprese che ha oltre 500.000 € di fatturato annuo e oltre 20 dipendenti; 1/3 delle imprese rientra oggi nella definizione di PMI, con più di 10 dipendenti e 1/5 più di 20, mentre solo due anni prima era soltanto il 17% delle imprese che aveva più di 10 dipendenti e restante 83% erano microimprese.
Il settore dei videogiochi è un settore molto internazionale quindi le PMI sono più legate a logiche globali che non territoriali, mi riferisco in particolare alle imprese italiane che operano come produttori di videogiochi e hanno comunque un ambito di operatività internazionale:
Solo il 6% del fatturato totale arriva dall’Italia, mentre il mercato principale è l’Europa (60%), seguita dal Nord America (25%).
Quindi il prodotto nasce già con una dimensione che è globale ed è prevalentemente in lingua inglese.”
Come avvengono la produzione e la distribuzione?
Gli studi di sviluppo italiani che operano nel mercato BtC (business to consumer), quindi che sviluppano e distribuiscono dei prodotti pensati direttamente per il pubblico finale, ci dicono che il 94% del fatturato è nel mercato internazionale e, come detto sopra, solo il 6% viene generato in Italia. Se da un lato è cresciuto il numero degli studi che si avvale di un supporto dei publisher (gli editori) per la pubblicazione di un titolo, dall’altro, ben il 64% delle imprese italiane si affida al self-publishing, ovvero autopubblica i propri prodotti. Per esempio, si può sviluppare un videogioco e poi lo si può pubblicare direttamente sugli store digitali, però, siccome sugli store digitali ci si ritrova a competere con tantissimi altri titoli, spesso nasce l’esigenza di avvalersi del supporto di un publisher (editore) che possa investire nel marketing del prodotto sugli store.
Nel 2021 è finalmente entrato in vigore il tax credit per il settore dei videogiochi con una dotazione di 5 milioni per le imprese italiane.
Nel 2022 questa dotazione è stata triplicata arrivando a 16 milioni.
Si tratta di una misura molto importante per lo sviluppo del settore nel nostro Paese.
La Lombardia ospita alcune delle realtà più importanti e consolidate che impiegano il maggior numero di persone o che sono state acquisite da operatori internazionali.
La regione ospita alcune delle realtà più importanti e consolidate che impiegano il maggior numero di persone o che sono state acquisite da operatori internazionali.
Quale formazione serve per lavorare nel gaming? Quali figure principali esistono?
Rispetto ad anni fa chi lavorava nei videogiochi era un’autodidatta era una persona che aveva servito un percorso di formazione diciamo non specifico per il mondo dei videogiochi. Ora invece esistono percorsi specifici già da un po’ di anni, ci sono alcune università pubbliche che offrono dei corsi specializzati in videogames, come ad esempio qui a Milano l’Università degli Studi di Milano e il Politecnico, e poi ci sono numerose scuole private che offrono formazione in questo settore. Per agevolare l’incontro tra domanda e offerta, noi, come IIDEA, l’anno scorso abbiamo lanciato un evento chiamato “Press Start – Video Game Student Conference”, dedicato agli studenti che vogliono trovare un lavoro nel settore dei videogiochi, organizzato presso il Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci di Milano. L’obiettivo era creare un ponte tra chi sta concludendo il suo percorso di studi e chi cerca nuova forza lavoro nel settore, per aiutare a reperire le figure professionali richieste, che sono molteplici. Si tratta di professionisti che hanno delle competenze molto specialistiche. Sono numeri piccoli ma in forte crescita.
Nel nostro ultimo censimento abbiamo rilevato che i professionisti impiegati in Italia nel mondo dei videogiochi sono cresciuti: oltre 1600 contro i 1.100 del 2018, e abbiamo rilevato che in due anni il 35% delle imprese hanno assunto personale mentre il 59% pianifica di farlo nei prossimi due anni.
Gli addetti sono tutti molto giovani, il 79 % ha meno di 36 anni.
Gli ambiti sono molto diversi, per questo abbiamo creato una guida alle professioni (scaricabile qui ), per aiutare i ragazzi ad orientarsi tra le diverse opportunità di lavoro nelle diverse aree produttive: programmazione, produzione, game design, narrative design, art direction, QA e testing, musica ed effetti sonori e marketing e comunicazione.
Questo è un progetto che vorremmo portare avanti perché riteniamo che sia strategico colmare il divario che c’è tra domanda e offerta di lavoro in questo ambito.”
Il gaming ha una responsabilità collettiva e sociale rilevante, quali misure servono e quali sono state adottate su questo tema?
Il settore dei videogiochi da tempo ha sviluppato misure di sostegno alle famiglie perché possano essere formate ed essere più consapevoli sul rapporto tra i loro figli e il videogioco. Da due decenni, con il sostegno della Commissione Europea, è stato creato un sistema di rating dei contenuti che si chiama PEGI (Pan European Game Information), viene applicato in 38 paesi e consiste in una classificazione per età, per contenuto, a tutti i videogiochi che sono immessi nel mercato europeo. Sulla confezione ci sono 5 icone per età dai 3 ai 18 anni, colorate diversamente, e poi accanto alla classificazione per età c’è una classificazione per contenuto che serve a identificare la presenza all’interno dei videogiochi di elementi che possono essere considerati non adatti ad una determinata fascia di pubblico come ad esempio la violenza, il linguaggio scurrile, riferimenti all’uso di droghe e sessuali o alla paura, elementi su cui bisogna stare attenti anche come genitori.
Questo sistema attualmente è lo standard utilizzato dalle aziende riconosciuto anche dalla legge cinema nel 2016 in Italia e da un regolamento dell’Agicom del 2018 ed è considerato un po’ il faro che guida le famiglie.
Oltre a questo, l’industria ha messo a disposizione una serie di sistemi di controllo parentale sulle piattaforme da gioco che permettono ulteriori accorgimenti: si può impostare il tempo di gioco, definire quali sono i rating dei videogiochi, con chi si può giocare e con chi no. Insomma si può impostare l’account del minore in modo che lui sia regolato nel giocare con dei limiti prefissati. Su questo tema è fondamentale una buona consapevolezza e informazione da parte delle famiglie.
Per questo nel 2020 abbiamo lanciato il primo portale dedicato ai genitori e agli insegnanti: https://tuttosuivideogiochi.it/
Come associazione siamo anche molto attivi sul tema dei videogiochi a supporto della didattica, un ambito di lavoro ancora nuovo e sottovalutato. Per questo abbiamo recentemente pubblicato un manuale per insegnanti che ha come scopo quello di far capire come i videogiochi possano essere utilizzati in classe. Possono aiutare nell’apprendimento di competenze verticali, come ad esempio l’ inglese o la storia, o orizzontali, come la capacità di problem solving e il mettere in atto strategie vincenti nel gioco di squadra. Le applicazioni possono essere immense.”