Stay hungry, stay open
Rimanere aperti è la prossima sfida da affrontare per il mondo del retail
Quando l’epidemia di Covid è scoppiata in Italia, Domenico Romano lavorava come Direttore marketing in AW LAB, uno dei principali retailer di abbigliamento sportivo di tutta Europa. Allora non c’erano molte alternative: bisognava fermarsi, bisognava chiudere.
Eppure proprio in quei mesi più bui, quelli in cui il pianeta sembrava trincerarsi contro un nemico invisibile, Romano si immagina un mondo del retail nuovo, finalmente più aperto, in ascolto dei propri clienti, ibrido. È così che è nato il suo libro, Open Retail, un saggio epistolare scritto insieme al libraio Luca Moretti. Tra quelle pagine si ripensa il senso stesso dello stare aperti.
Perché open non vuol dire soltanto alzare la serranda. Ma significa soprattutto rimanere attenti ai cambiamenti, lavorare sulle proprie barriere cognitive e non smettere mai di imparare.
Insomma, le piattaforme tecnologiche si evolvono e si evolveranno sempre, così come le esperienze di consumo dei nostri clienti. E rimanere aperti non basta più, serve qualcos’altro. Serve un’innovazione sostenibile e duratura, funzionale sia per il mondo sia per le persone che lo abitano.
La crisi del mondo del retail
Oggi Domenico Romano è Amministratore delegato di Fandango Club Creators e si occupa di grandi eventi, ma tutta la sua vita è stata dedicata al retail, grazie a diversi lavori in agenzie di comunicazione e aziende tra Stati Uniti, Europa e Asia.
Ci ha raccontato durante il secondo incontro dell’Età Ibrida:
Se guardiamo i dati sulle chiusure dei negozi dei principali retailer del mondo, ci accorgiamo che la crisi di questo settore non è iniziata con la pandemia, ma è scoppiata già nel 2015
E i motivi sembrano essere riconducibili a tre cause principali:
- Una crisi di distribuzione
Se soltanto una decina di anni fa il mondo del retail era costituito essenzialmente da tre tipi di negozi (multimarca, retail dei brand e negozi indipendenti), oggi esiste una sovrabbondanza di soggetti grazie alle nuove possibilità offerte dal digitale. Non si parla soltanto di e-commerce, ma anche di hybrid commerce e di realtà di frontiera, in cui la vendita fisica si innesta su un terreno virtuale. Insomma, ormai il prodotto si trova ovunque e per questo ha perso la sua centralità. E così il problema non è più distributivo, ma si sposta su un altro ambito, su un terreno sociologico. - A chi stiamo parlando?
Per la prima volta nella storia, sul nostro pianeta coabitano ben sette generazioni differenti: sette generazioni che hanno attraversato mondi parecchio distanti tra loro, affrontando le proprie esperienze di consumo in modo radicalmente distinto.
Per questo è impensabile parlare a tutti con uno stesso linguaggio. Tanto più che le due ultime generazioni (i Millennial e la Generazione Z) stanno riscrivendo gran parte degli assiomi del marketing. Esiste un nuovo paradigma per l’autenticità, i concetti di genere e di razza stanno sparendo e la bellezza sta prendendo nuove forme.Si sta passando dallo storytelling allo storyliving: non basta più conoscere la storia di un brand, bisogna farne parte. Serve esprimersi liberamente e imporre un nuovo mantra che vada ben oltre il prodotto: la relazione con i propri clienti. Cercare di intessere questa relazione, oggi, è l’obiettivo di qualsiasi retailer. Oggi, è l’unica ossessione che debba animare questo mercato.
- Una rivoluzione mediatica
Internet ha imposto soprattutto una rivoluzione nel mondo dell’informazione e dell’intrattenimento. Se una trentina di anni fa i media tradizionali dettavano le tendenze e i miti di una generazione, oggi al massimo li raccontano, inseguendo un interesse che nasce da qualche altra parte, dentro le bolle del web o su piattaforme che fino a poco tempo fa neppure esistevano.
Imparare questi nuovi linguaggi è essenziale per rimanere sul mercato, aggiornarsi sulle tecnologie un tassello fondamentale del proprio business.
Inseguire il futuro
Certo, la rivoluzione digitale ha cambiato il mondo.
E con la pandemia il cambiamento è diventato sempre più veloce. I clienti sono meno, ma sono più interessati all’acquisto. L’e-commerce va sempre meglio, ma assume forme ibride, mescolando l’esperienza online con quella fisica, che rimane una componente essenziale per sviluppare una relazione coi propri clienti che sia davvero duratura.
Lo stesso dovrebbe accadere al mondo del retail, ma all’inverso.
È necessario che i negozi al dettaglio si evolvano insieme ai nuovi strumenti del digitale, per esempio imparando tecniche di acquisizione del dato, esternalizzando i magazzini oppure offrendo un prodotto personalizzato.
Romano lo chiama il “modello barbiere”: i negozi si aprono su appuntamento e gli addetti vendita diventano dei personal shopper. Così, oltre a ottimizzare il posto lavoro, si conoscono i propri clienti, si compra meno e meglio, si crea esclusività in un mondo iperframmentato.
“Le nuove generazioni sono sempre più coraggiose e hanno più futuro che passato, proprio come i nostri negozi”, conclude Romano. “È una generazione che scende in piazza per i propri ideali, che vive in classi multietniche, che non conosce differenze di genere, che si batte per un mondo più sostenibile. A noi non resta altro che riflettere e cercare di creare un business a misura di questa generazione, una realtà che viva tra pagine mai scritte, dentro laboratori di futuro e non di passato”.