Non avremmo mai immaginato di apprezzarlo così tanto in un’occasione come quella che stiamo vivendo – perché mai avremmo pensato di vivere un’emergenza sanitaria come questa – eppure, davanti ad un’epidemia mondiale e nazionale da Coronavirus (Covid-19), ben venga la tecnologia che permette il lavoro da remoto.
Che cos’è lo smart working
Lo smart working, o lavoro agile, è una modalità di lavoro da remoto, disciplinata in Italia dalla Legge n. 81 del 22 maggio 2017, per favorire ai lavoratori un equilibrio vita-lavoro e per aumentare la competitività delle aziende.
Quando si è cominciato a parlare di smart working anni fa, l‘approccio di molte aziende ed enti, all’inizio, non era molto favorevole. Si pensava quasi che gli smart worker volessero in qualche modo “lavorare di meno”, c’era sicuramente un pregiudizio nell’applicarlo, ancorché ci fossero molte tipologie di lavoro da poter praticare da remoto. Poi, man mano, la mentalità è cambiata e si son cominciati a vedere i molteplici benefici, che non erano pochi.
Con modalità e obiettivi chiari e condivisi, e con i mezzi necessari, i risultati venivano ottenuti, la produttività era in crescita, la soddisfazione dei lavoratori più alta, per non parlare del minor inquinamento prodotto, minor traffico, minori disagi da pendolarismo e quant’altro. Dal 2017 ad oggi, gli smart worker sono aumentati sempre di più.
Oggi, è diventato una necessità.
Smart working e Coronavirus
Dallo scoppio dell’epidemia di Coronavirus in Italia, allo scopo di limitare il più possibile i contagi, il Governo ha, dapprima, raccomandato fortemente l’utilizzo dello smart working, sia per aziende sia per enti pubblici, e dal 4 marzo lo ha reso obbligatorio anche per tutte le pubbliche amministrazioni. Da una sperimentazione si è passati ad una fase “ordinaria”, obbligatoria, come conseguenza delle misure adottate all’interno del primo decreto Coronavirus DL 9/2020. Non in ottica di telelavoro, ma di raggiungimento del risultato, in maniera agile e per obiettivi.
La circolare n. 1 con oggetto “Misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di
svolgimento della prestazione lavorativa” è stata pubblicata sul sito della Funzione pubblica mercoledì 4 marzo 2020. Le nuove norme prevedono il ricorso, in via prioritaria, al lavoro agile come forma più evoluta di flessibilità per lo svolgimento della prestazione lavorativa, in un’ottica di progressivo superamento del telelavoro e l’utilizzo di soluzioni «cloud» per agevolare l’accesso condiviso a dati, informazioni e documenti.
Tra le misure più avanzate quella secondo cui il dipendente può utilizzare propri dispositivi, pc o tablet, a fronte dell’indisponibilità o insufficienza di dotazione informatica da parte dell’amministrazione, garantendo adeguati livelli di sicurezza e protezione della rete secondo le esigenze e le modalità definite dalle singole pubbliche amministrazioni. [fonte Corriere.it]
Con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 1° marzo, l’Esecutivo prevede che la modalità di lavoro agile possa essere applicata dai datori di lavoro a ogni rapporto di lavoro subordinato, per la durata dello stato d’emergenza (pari a sei mesi come indicato nella Delibera del Consiglio dei ministri del 31 gennaio 2020), a tutte le organizzazioni dell’intero territorio nazionale, superando quindi tutte le precedenti disposizioni in materia.
Lo stesso sindaco di Milano, Beppe Sala, ha recentemente dichiarato che lavora tantissimo con telefono e videoconferenze con Skype: “Non c’è occasione migliore per sperimentarlo (lo smart working), non è una concessione, ma una necessità, provateci”, e ancora: “Noi di solito ci muoviamo troppo per partecipare a riunioni, sto facendo tantissime telefonate con skype, e mi dico: perché non le ho fatte prima?”.
E dunque ben venga questo nuovo modo di lavorare, in modo strutturale, più digitale, collaborativo e sostenibile. Anche le scuole si sono attrezzate, il Politecnico ha avviato sessioni di lauree in videoconferenze, tutte le istituzioni si sono mosse velocemente, ed è solo l’inizio.
È indubbio anche, però, che a lungo andare l’isolamento continuativo e forzato (come in questo caso) generi poi malessere e demotivazione.
Tutti ci auguriamo che questa situazione possa finire presto, con la legacy di un nuovo approccio al lavoro che andrà utilizzato non solo in emergenza ma come nuovo strumento lavorativo abituale, innovando un sistema che è rimasto immobile per troppo tempo.
Riferimenti normativi 2020
- Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ulteriori disposizioni attuative del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, recante misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19;
- Decreto-legge 2 marzo 2020, n. 9, recante “Misure urgenti di sostegno per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”;
- Direttiva 2/2020, firmata il 12 marzo 2020 dalla Ministra Dadone, relativa all’emergenza Covid-19 e che sostituisce la Direttiva n.1/2020. Il nuovo documento rafforza ulteriormente il ricorso allo smart working, prevedendo che questa diventi la forma organizzativa ordinaria per le pubbliche amministrazioni;
- Decreto legge “Cura Italia”, numero 18 del 17 marzo 2020 che contiene i riferimenti allo smart working oltre alle misure per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale e per il sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese per contrastare l’emergenza Covid-19.